Cartolina da: Dresden (di Grazia Polizzi)


luglio 2015

Dresden
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Berlino, primavera del 2011, ultimi mesi prima della mia temutissima maturità scientifica. Come ogni turista che si rispetti mi ritrovo nel bel Mitte della città e mi dirigo verso il checkpoint Charlie, noto posto di blocco al confine tra l’ex Germania dell’Est e quella dell’Ovest, ormai punto d’arrivo di qualsiasi viaggiatore che si trovi nella capitale tedesca. Il mio percorso prende le forme di una piacevole passeggiata sotto i tigli per poi proseguire su Wilhelmstraβe, una volta lasciatemi alle spalle la maestosa Porta di Brandeburgo. A un tratto, in prossimità della mia meta, scorgo un pallone aerostatico bianco e blu che recita minacciosamente la scritta “DIE”: ed ecco che la mia mente da esclusiva anglista – e per di più siciliana – comincia a darsi a ogni tipo di rito scaramantico, tra scongiuri e corna varie: ebbene, in quest’aneddoto è perfettamente racchiuso il mio primo rocambolesco incontro (o forse scontro?) con la lingua tedesca.
To be continued, solo qualche mese dopo. Ricordo ancora il primo giorno di lettorato come se fosse ieri. Entro in quest’aula piena di gente che, in un modo o nell’altro, ha già avuto a che fare in passato con la lingua e nella mia memoria è ancora impressa quella distinta sensazione da pesce fuor d’acqua, dotato tra l’altro di un ricchissimo bagaglio linguistico alle spalle che spazia da “danke” a “Kartoffeln” passando per “wir lieben Autos”. “Germanistica,” penso tra me e me, “ma chi me l’ha fatto fare?”
Dopo le prime presentazioni del caso, ci viene proposto l’ascolto di un dialogo che oggi definirei elementare, una semplicissima conversazione tra un Martin e una Sabine che, a seguito dei soliti convenevoli, parlano delle vacanze e dell’andare insieme al cinema. Il momento fatidico: ci viene chiesto di ripetere ciò che abbiamo sentito, ergo il panico. Adesso non so più precisamente quali suoni siano usciti dalla mia bocca durante il mio goffissimo tentativo di riprodurre quelle frasi, ma sono sicura che tutti i presenti avranno trattenuto per rispetto delle grasse risate. Secondo esercizio della giornata: articoli. Der, die o das? “Apfel”… “Katze”… “Bild”… E mo‘? Copiamo dalla collega accanto, sembra saperne più di me.
Ripensando a questi momenti appena descritti riesco esattamente a percepire quali passi da gigante io abbia fatto durante questa mia deutsche Reise, un viaggio che adesso non è più solo figurato: da qualche mese, infatti, mi trovo stabile in terra tedesca a parlare per almeno dieci ore al giorno questa lingua non più così ostica. Conclusi i miei studi di triennale ho fatto domanda per l’Erasmus+, un progetto di placement che consente a studenti e neolaureati di realizzare all’estero tirocini legati al proprio ambito di studio. Così mi sono ritrovata a Dresda, capitale della Sassonia, alle prese con una nuova vita in Germania. O, per meglio dire, in una delle Germanie. Dico questo perché la città non è esattamente quello che lo stereotipo mediatico del bavarese coi baffi ci dipinge: qui la qualità della vita è alta, ma allo stesso tempo il suo costo non è troppo elevato. E per far rodere il fegato ancor di più ai miei (s)fortunati lettori, dirò soltanto che – per il suo patrimonio artistico e naturale – la città è conosciuta anche come “Firenze sull’Elba”.
Una delle cose che apprezzo maggiormente di Dresda, però, è lo spirito di amore e appartenenza dei suoi abitanti nei confronti del proprio luogo natio: dopo il bombardamento del ’45 subito dalla città, tutto è stato quasi completamente raso al suolo. Ciononostante il suo popolo non si è dato per vinto; si è rimboccato le maniche per ricostruire e dar nuova vita al luogo prediletto così come al suo simbolo, la Frauenkirche, che ha potuto rivedere la luce solo nel 2006. Altro punto a favore di Dresda è la sua estrema vicinanza alla Svizzera sassone, una splendida regione montuosa immersa nel verde ideale per tutti gli amanti della natura e per le Wanderungen della domenica e non solo. Che altro? Qui sento forte il sentimento di Mitteleuropa che le mie origini insulari non mi hanno mai permesso e posso finalmente dare libero sfogo alla mia Wanderlust. Dresda è a un tiro di schioppo sia dalla capitale tedesca che da quella ceca, Lipsia e altre città maggiori sono dietro l’angolo così come il confine polacco.
Guardando indietro non posso che ritenermi soddisfatta della scelta accademica che ho fatto e contenta dei piccoli traguardi raggiunti. Chi devo ringraziare? Senza dubbio le sudate carte, i testi di grammatica così come i grandi classici. Tuttavia, non posso che essere d’accordo con il mio caro vecchio compagno di tesi, nientepopodi(Francofortesul)meno che Johann Wolfgang von Goethe:

Die beste Bildung findet ein gescheiter Mensch auf Reisen.

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